È quanto ha stabilito la Cassazione, sez. 2, con sentenza del 12 dicembre 2019, n. 32694.
Secondo la Suprema Corte, non solo è obbligo del mediatore informare l’acquirente della provenienza donativa, ma questo obbligo grava anche (e ancor più) sul venditore.
Questo il principio di diritto enunciato in sentenza:
«In tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell’art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi».
Quindi, se la provenienza è donativa, sarà il caso di indicarlo nel preliminare, per evitare che il promissario acquirente possa dichiarare che non gli era stato comunicato, e sottrarsi così alla stipula del definitivo.