STUDIO NOTAIO TERRACINA

FINANZIAMENTO SOCI CONCLUSO PER CORRISPONDENZA? TASSATO SE ENUNCIATO IN ATTO NOTARILE! SI PUÒ EVITARE?

CASSAZIONE 32516/2019

Sappiamo che il finanziamento soci concluso attraverso lo scambio di corrispondenza commerciale non è soggetto a registrazione in termine fisso.

Cosa succede però se il predetto finanziamento così concluso viene enunciato in atto notarile? In altre parole, che succede se si stipula un atto notarile in cui si dichiara che esiste un finanziamento concluso per corrispondenza ?

Il caso deciso dalla Cassazione esaminata era quello di un aumento di capitale sociale, sottoscritto dai soci, i quali liberavano il conferimento rinunciando al loro credito verso la società a titolo di finanziamento soci.

Secondo la Cassazione deve essere autonomamente assoggettato ad imposta, in quanto, “pur non essendo soggetto a registrazione in termine fisso, è però un atto soggetto a tassazione, quindi la sua enunciazione ne impone la tassazione. (In questo senso ha Cass. 24 luglio 2013, n. 17957)”.

E prosegue:
“considerato che, secondo questa Corte, in tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, comma 1, stabilisce che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate; ne consegue che va assoggettato ad imposta di registro il finanziamento soci, già inserito tra le poste passive del bilancio, enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale e sua ricostituzione mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, e ciò a prescindere dall’effettivo uso del finanziamento medesimo (Cass. 30 giugno 2010, n. 15585; analogamente Cass. 30 ottobre 2015, n. 22243)”

Si riporta il testo dell’Art 22 comma 1, su cui si fonda la sentenza:
“Art. 22 Enunciazione di atti non registrati
1. Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria (24) di cui all’art. 69.”

Attenzione però che esiste anche il comma 2, dell’Art 22 il quale statuisce:

“2. L’enunciazione di contratti VERBALI non
soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli EFFETTI delle disposizioni enunciate sono già cessati o CESSANO IN VIRTÙ DELL’ATTO CHE CONTIENE L’ENUNCIAZIONE.”

Si può pensare allora ad un modo per non assoggettare ad imposta il finanziamento soci enunciato in un verbale di assemblea in cui l’aumento di capitale viene liberato con rinuncia ( o compensazione) del finanziamento soci?

Il modo più semplice è quello di deliberare semplicemente l’aumento di capitale, lasciando un termine per la sottoscrizione, senza far atto a verbale della sottoscrizione e della liberazione della quota sottoscritta.
Con separato atto privato i soci e l’amministratore documenteranno l’avvenuta sottoscrizione e le modalità di deliberazione. Spetterà poi all’amministratore inviare alla Camera di Commercio la relativa comunicazione.

Oppure , se il finanziamento è stato concluso solo verbalmente, si può pensare all’enunciazione in atto senza temere la ripresa a tassazione in virtù del comma 2, in quanto il finanziamento cessa per effetto dell’atto medesimo.
Ma non è facile trovare dei finanziamenti soci non concluso per iscritto.

Di seguito il testo della Sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21939-2018 proposto da:
OPENIM SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA 57 presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO ZOPPINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE RUSSO CORVACE, DARIO ROMAGNOLI, GIUSEPPE PIZZONIA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 148/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata l’11/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
Svolgimento del processo
Rilevato:
che il contribuente impugnava un avviso di liquidazione con il quale l’Ufficio contestava alla società ricorrente l’omesso versamento dell’imposta di registro dovuta ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22;
che la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso del contribuente ritenendo che il finanziamento contestato veniva concesso mediante l’uso della corrispondenza commerciale, che fa venir meno l’obbligo di sottoporre l’atto a registrazione in termine fisso;
che la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo che, il citato art. 22 assoggetta a registrazione gli atti sulla base solo della loro enunciazione e nel caso di specie, nel verbale di assemblea è stato enunciato un finanziamento avvenuto tra la società contribuente e la società GFM s.p.a.: si tratta di un atto avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, finalizzato a determinare una modificazione della sfera patrimoniale dei soggetti che vi partecipano ed è suscettibile di valutazione economica;
che la società contribuente proponeva ricorso affidato ad un motivo e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per il suo accoglimento mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.
Motivi della decisione
Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 6 e 22, nonchè del citato D.P.R. n. 131, art. 9, allegata Tariffa parte I, e art. 1, allegata Tariffa parte II, e artt. 2325 e 2331 c.c., laddove la CTR ha ritenuto che un atto di finanziamento formato tramite corrispondenza, operato in un verbale di assemblea, integri i presupposti dell’enunciazione e quindi consenta di liquidare legittimamente l’imposta di registro sull’atto di finanziamento;
considerato che, secondo questa Corte, in tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, comma 1, stabilisce che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate; ne consegue che va assoggettato ad imposta di registro il finanziamento soci, già inserito tra le poste passive del bilancio, enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale e sua ricostituzione mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, e ciò a prescindere dall’effettivo uso del finanziamento medesimo (Cass. 30 giugno 2010, n. 15585; analogamente Cass. 30 ottobre 2015, n. 22243);
considerato che la CTR si è attenuta a tale principio laddove ha ritenuto che dovesse essere assoggettato all’imposta di registro un finanziamento sulla base della sua sola enunciazione nel verbale di assemblea, atto che, sebbene nella specie non portato alla registrazione, è tuttavia soggetto a registrazione (Cass. 24 luglio 2013, n. 17957);
ritenuto che pertanto il ricorso va respinto e che le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.500, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

Dott. Valeria Terracina

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